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14 aprile 2022

Pan di ramerino


Il "pan di ramerino" è un piccolo panino fatto con rosmarino (in Toscana lo chiamiamo appunto "ramerino") e olio di oliva,  arricchito dall’uvetta e oggi addolcito leggermente con lo zucchero.
È soffice e molto profumato, ideale da consumare da solo, nel suo delicato contrasto tra dolce e salato, o farcito con salumi o formaggi.

La storia
Il pan di ramerino è diffuso, oltre che a Lucca, anche a Prato, Arezzo e soprattutto a Firenze, dove è più tipico, sebbene la vera ricetta pare sia originaria della Versilia. È una ricetta antica risalente al Medioevo e, tradizionalmente, si preparava nel periodo pasquale, quando un tempo i parroci benedivano il pane nel Giovedì Santo.

La sua forma tipica è quella di un panino un po’ schiacciato e con incisa una croce sopra. Il pane in questione, infatti, è una pietanza di devozione: la croce è chiaramente un simbolo cristiano. Qui permettetemi un appunto: come al solito ci sono le mode e la gente che copia, e sul web si è diffusa l'incisione a forma di tag #, proposta da Juls' kitchen (a cui io stessa mi sono affidata per la ricetta) e riproposta da un centinaio di blogger (anche non toscane).
Io sono sempre per non fermarmi alla prima fonte e cercare maggiori informazioni su una ricetta, e penso di avervi scritto le cose più importanti.
Un altro ingrediente “simbolico” è il rosmarino che, nell’antica Grecia prima e con il cristianesimo poi, era considerato l’emblema dell’immortalità dell’anima. Pare che il pane venisse anticamnete spennellato con un rametto di rosmarino intinto nell'olio, prima della cottura. Mentre il grano e l’uva rappresentano la comunione e simboleggiano la presenza mistica di Cristo.

L'uvetta sultanina da sempre caratterizza i dolci della Lucchesia, in quanto anticamente veniva portata dall’Oriente in cambio delle stoffe che la città di Lucca commerciava.
Pensiamo infatti ad altri dolci di questa zona con l'uvetta: il castagnaccio; la Pasimata, un altro pane pasquale semi-dolce, tipico della Garfagnana; la schiacciata con l’uva (che a Lucca facciamo con l’uva passa invece che con quella fresca); e poi come non ricordare il buccellato, un altro pan dolce aromatizzato con i semi di anice, forse il prodotto più caratteristico di Lucca insieme alle torte co' becchi.

Tutti questi pan dolci tipici della Lucchesia hanno in comune il fatto di essere preparati con un impasto semplice a base di acqua e poco olio, che sostituisce oggi lo strutto usato in tempi più antichi: si tratta in sostanza di una pasta di pane addolcita da zucchero e arricchita da erbe aromatiche e uvetta. Diffidate quindi dalle versioni a base di latte e uova – diffuse nel web – perché potranno garantire un risultato più ricco o soffice ma non sono l’originale!

Nella storica pasticceria Pinelli potete trovare
il Pan di ramerino durante la Settimana Santa

Il sapore
È delicato e al contempo particolare, sicuramente aromatico: a metà tra il dolce e il salato. Sembra una focaccina per via dell’olio d’oliva, ma semi-dolce perché c’è lo zucchero e l'uva sultanina; perfetto gustato da solo o anche con affettati e formaggi, perché questi vengono esaltatati proprio dalla dolcezza dell’impasto.
 
Ve li propongo per la colazione o il pranzo di Pasqua, o per fare dei panini per il picnic di Pasquetta. La ricetta prevede la preparazione di un pre-impasto (la biga) il giorno precedente. Ciò consentirà di ottenere un prodotto più morbido. 




Ingredienti (per 15 panini)
Per la biga
100 g di farina di manitoba o farina forte (350-400 W)
50 g di acqua tiepida
1 g di lievito di birra disidratato o 1.5 di lievito di birra fresco
Per l’impasto 
la biga
2 g di lievito di birra secco o 3 g di lievito di birra fresco
400 g di farina tipo 1 (o 0)
60 g di zucchero di canna
200 g di acqua tiepida
9 g di sale
90 g di olio extra vergine di oliva
125/150 g di uvetta
5 g di aghi di rosmarino
latte per spennellare (se volete anche 1 tuorlo + latte)
Per lo sciroppo per lucidare
50 g di zucchero
50 g di acqua
1 cucchiaino di miele
1 pizzico di vaniglia, opzionale

Procedimento
Per la biga (da preparare la sera prima del giorno stesso)
In una ciotola sciogliete il lievito di birra nell'acqua a temperatura ambiente e aggiungete la farina. Mescolate velocemente fino a incorporare gli ingredienti, poi coprite la ciotola con la pellicola alimentare:
Lasciate maturare l’impasto a temperatura ambiente per 20 - 24 ore.
Tritate il rosmarino con una mezzaluna e scaldatelo nell’olio, spegnendo la fiamma appena iniziano le bollicine. Mettete in una ciotolina e quando è freddo coprite con la pellicola.

Per l’impasto (il giorno stesso)
- Mettete l'uvetta in ammollo in acqua calda sufficiente a coprirla, per un’oretta, affinché si rimpolpi, poi scolatela bene e asciugatela.

- Per i panini, sciogliete il lievito di birra in metà acqua tiepida. Aggiungete quindi la biga, la farina e lo zucchero e impastate bene con il gancio a uncino per circa 5 minuti; solo dopo aggiungete il sale e continuate a impastare aggiungendo la restante acqua finché l'impasto non sarà liscio, sodo e comincerà a incordarsi.
NB: potete anche impastare a mano, serve un po’ più di tempo ma si può comunque raggiungere il risultato.

- Aggiungete poi l'olio e il rosmarino e impastate sempre con il gancio a uncino, a bassa velocità, per una decina di minuti, finché l'impasto non ha assorbito del tutto l'olio, diventa liscio e non troppo appiccicoso incordandosi al gancio.
Negli ultimi 5 minuti aggiungete anche l'uvetta e impastate quel tanto che basta a incorporarla.
Mettete l'impasto in una ciotola unta di olio e lasciatelo rilassare per circa 15 minuti nel forno precedentemente acceso a 30°C e poi spenta con lasciata la luce accesa.
Dopo il riposo, suddividete l'impasto in pezzi pesati 65 g l'uno.

- Procedete poi con la pirlatura: allungate l’impasto sul piano da lavoro portando poi i lembi al centro e “pizzicandoli” sotto la palletta, in modo tale da “chiudere” i lembi. 
Poi ruotate i panini sul piano da lavoro, facendo un movimento veloce e morbido con le mani, senza pressarli troppo sulla superficie (potete cercare “pirlatura panini” su youtube per chiarirvi visivamente le idee).

- Foderate di carta forno due teglie tipo leccarde, e poggiate i panini ben distanziati tra loro in modo che abbiano spazio per crescere. Lasciateli lievitare per circa 45 minuti.

- Dopo spennellate i panini con del latte; incidete poi i panini a croce con un tarocco (se si appiccica, infarinatelo leggermente o bagnatelo con acqua od olio) andando a premere bene quasi fino a tagliare, poi spennellateli nuovamente con altro latte.
Lasciateli lievitare nuovamente per altri 20 minuti circa, o finché non sono quasi raddoppiati di dimensione.

Cottura e lucidatura
Scaldate intanto il forno a 180°C e poi cuocete i panini per circa 15/20 minuti, finché non sono dorati e ben gonfi.
Nel frattempo, preparate lo sciroppo di zucchero facendo bollire per circa 8 minuti a fuoco medio l'acqua con lo zucchero, il miele e il pizzico di vaniglia. Spennellate lo sciroppo sui panini appena li togliete al forno!




Note
- Sono irresistibili mangiati ancora tiepidi, ma si conservano bene per 5 giorni chiusi in una scatola di latta o in una busta a chiusura ermetica, ovviamente perdendo un po’ di fragranza. Io i giorni dopo li gusto passandoli qualche minuto in forno o sul tostapane. 
- Si possono congelare, consumandoli poi una volta scongelati completamente e passati in forno o sul tostapane per scaldarli leggermente.


Di seguito alcune foto che ho scattato nella mia bellissima Lucca



Tutte le foto presenti in questo articolo sono state scattate da me e sono di mia proprietà ©.



Se provi il Pan di ramerino taggami nella foto che condividerò nelle
Stories di IG @lasignorinafelicita
e nell’album "Ricette rifatte da voi" della mia pagina Facebook.

Baci, Francesca


28 settembre 2021

Panzanella


La Panzanella è un piatto tipico toscano consumato soprattutto in estate. Si tratta di un piatto unico nato dal recupero del pane raffermo, con aggiunta di pomodori, cipolle e basilico, e condito con olio, aceto e sale.

Le ricette della Panzanella sono molte e variano a seconda della regione d’origine e, in alcuni casi, anche da città a città. Anzi, ogni famiglia ha la sua ricetta!
Ciò che cambia in base alla regione di provenienza è il modo in cui viene utilizzato il pane. In Toscana e nel Lazio viene prima lasciato in ammollo e poi strizzato e spezzettato; in Umbria e nelle Marche, invece, si lasciano le fette di pane intere senza sbriciolarle, condite con gli altri ingredienti.

Per quanto riguarda la versione toscana, oggi è abbastanza conclamata, sul web, la ricetta con i cetrioli, ma per me l'unica ricetta originale è senza, quella di nonna, deliziosa nella sua semplicità!
È infatti un piatto che si presta a varie personalizzazioni: c'è chi aggiunge tonno e capperi, o la mozzarella, e chi usa il pane bruschettato, ma per quel che mi riguarda si esce troppo dal seminato.

La storia
Esistono varie ipotesi sull’origine di questo piatto: c'è chi ritiene che la panzanella sia nata dall’abitudine dei contadini a bagnare il pane raffermo per poi condirlo con le verdure disponibili nell’orto. E c'è chi pensa che sia nata a bordo delle barche da pesca: pare che i marinai utilizzassero l’acqua di mare per bagnare il pane raffermo e lo consumassero inseme a verdure e ortaggi.

Nonostante queste sue umili origini, nel corso dei secoli questo gustoso piatto è stato celebrato da poeti, pittori e personaggi di spicco. Un esempio si trova in una poesia del Bronzino, pittore del manierismo fiorentino alla corte de’ Medici nel XVI secolo, il quale così scrive nel componimento "In lode delle cipolle":

Ma chi vuol trapassar sopra le stelle,
di melodia, v’aggiunga olio e aceto
e 'ntinga il pane e mangi a tira pelle.
Un insalata di cipolla trita
colla porcellanetta e citriuoli
vince ogni altro piacer di questa vita.

Un altro illustre esempio si trova nel "Decameron" di Boccaccio:

"la moglie del lavoratore, datole mangiar pan lavato"
(novella 7 della VIII giornata), 

nella cui nota si legge: "Pane che affettato e arrostito s'inzuppa nell'acqua e condiscesi con olio aceto zucchero e simili." (ho personalmente consultato il "Decameron" che ho in casa).
Negli ultimi anni lo si tova anche nei menù di alcuni ristoranti stellati, in chiave rivisitata.

Il nome
Anche sull’origine del nome non si hanno fonti certe e, se da un lato pare che derivi dai termini pane e 'zanella', una sorta di zuppiera, dall’altro lato è forse il termine 'panzana' (che originariamente significava 'pappa' di pane bagnato) ad aver dato vita al nome del piatto, termine che a sua volta deriva da 'paniccia', che significa qualcosa di incosistente e di molle.

Ma ora passiamo alla ricetta, di una facilità estrema.



Ingredienti
pane toscano* q. b. (circa 500 g)
pomodori canestrini lucchesi (o altri) q. b. (io ne metto circa metà rispetto al pane)
cipolla viola** q. b. (si va a gusto)
foglie di basilico q. b.
acqua 
olio e.v.o.
aceto di vino 
sale
pepe, opzionale

O altro pane dalla mollica consistente a pori grandini e la crosta dura e spessa; evitate il pane tipo baguette o le biove perché verrà una pappetta.
** Un piccolo consiglio è quello di lasciare le cipolle affetate a bagno in acqua e aceto per 10 minuti, perché siano meno forti.

Procedimento
Ammollate il pane tagliato a pezzi nell'acqua per 5/10 minuti. Poi strizzatelo benissimo. Sbriciolatelo in una zuppiera e conditelo con un goccio di aceto, sale, un filo d'olio. Aggiungete i pomodori tagliati a pezzi, la cipolla a fette e le foglie di basilico spezzettate (il pepe è opzionale).
Mettete a riposare in frigorifero almeno 30 minuti (più ci sta meglio è, anche 4 ore).
Servite la panzanella lasciandola tornare a temperatura ambiente e aggiungendo un altro bel filo d'olio.


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Baci, Francesca

16 settembre 2021

Biancomangiare


Il biancomangiare è un dolce al cucchiaio fatto con solo latte, zucchero e amido. Non servono uova per gelificare né gelatina perché l'amido di mais ha un potere addensante. Può essere fatto con la farina al posto dell'amido e con il latte di mandorle (in Sicilia).

Origine e diffusione
È un dolce inserito nella lista dei "Prodotti Agroalimentari Tradizionali" (P.A.T) delle regioni Sicilia, Sardegna e Val d'Aosta. Lo si trova anche  in Piemonte, con il nome di origine francese blan manger. Un altro nome con cui è conosciuto è menjar blanc (in catalano). 
È originario dell'Oriente ed è stato portato in Italia dagli Arabi; in Turchia e in tutto il Medio Oriente è conosciuto sin da tempi remoti. Della preparazione del biancomangiare si ha notizia fin dal Medioevo, quando era una pietanza salata, che spettava ai nobili, e veniva prevalentemente preparata con l'aggiunta di carne e pesci oppure con il lardo, sciolti nel latte di capra o di pecora oppure di mandorle.
Ne troviamo testimonianza anche nell’opera “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi.

Oggi
Nel tempo, questo piatto si è trasformato in un vero e proprio dolce, fatto comunemente sia con latte vaccino che con latte di mandorle. In Sicilia viene spesso servito con dei biscotti sbriciolati e non è rara l'aggiunta di un pizzico di cannella. Altri aromi usati possono essere la vaniglia o la scorza grattugiata di limone.
Essendo un dolce semplice e dal sapore neutro, si presta anche come strato per una crostata moderna.
Io l'ho guarnito con del semplice sciroppo d'acero; ma ci starebbe bene anche una colata di cioccolato fuso oppure è buono anche mangiato da solo nella sua semplicità.


Ingredienti
500 ml di latte (meglio se intero e fresco) o latte di mandorle
14 g di zucchero
20 g di stevia* (sostituibile con altri 60/80 g di zucchero: la quantità potete variarla in base ai vostri gusti)
50 g di maizena (amido di mais)
1 cucchiaino raso di pasta di vaniglia
1 pizzico di cannella

*La stevia va messa 1/3 in meno della quantità di zucchero ma attenzione, il suo sapore è legegrmente "mentolato" e simile alla liquirizia, quindi potrebbe non piacere a tutti.

Procedimento
Mettete in un pentolino la maizena e lo zucchero e mescolate con una frusta a mano; poi aggiungete una piccola parte di latte e "sciogliete" l'amido mescolando bene. 
A questo punto potete versate il resto del latte e aggiungere la vaniglia e la cannella: fate scaldare.
Quando il composto arriva ad ebollizione, fate cuocere mescolando continuamente, fin quando si sarà addensato come se fosse una besciamella poco liquida (ci possono volere circa dai 4 agli 8 minuti).
Poi spegnete il fuoco.
Aspettate giusto un paio di minuti affinché la crema non sia bollente e poi versatela negli stampini. Fate raffreddare prima a temperatura ambiente e poi lasciateli riposare in frigorofero per almeno 3/4 ore.

Il biancomangiare si conserva in frigo per 2/3 giorni.



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Baci, Francesca

16 marzo 2021

Pan d'arancio


Il pan d'arancio è un dolce di tradizione siciliana che si fa con le arance intere, buccia compresa; è quindi molto veloce perché basta frullare tutto insieme, mescolare e infornare.
Avendo appunto le arance intere al suo interno, ha un gusto intenso e molto profumato di arancia; gusto che viene dato dal succo, dalla scorza e anche dalla parte bianca, quella che lascia un sentore leggermente amarognolo. Se non piace basta pelare a vivo gli spicchi e usare solo quelli con la scorza.

Il sapore è molto semplice e la consistenza leggermente umida, ideale per la colazione e la maerenda. Ma può essere arricchito da gocce di cioccolato (basta aggiungerne 40 g prima di infornare) oppure si può guarnire la torta con uan colata di cioccolato fuso (150 g bastano). 

Trovo che sia un dolce ideale quando vogliamo smaltire delle arance: senza impiegare troppo tempo otterremo un dolce genuino e soffice!




Ingredineti per uno stampo da 22 cm (ok anche 20 o 24 cm ma attenzione alla cottura)
2 arance piccole non trattate o 1 e mezza grande
200 g di zucchero (aumentabile a 250)
85 g di olio di semi (o 100 g di burro fuso e poi intiepidito)
3 uova
270 g di farina 0 o 00
12 g di lievito (poco meno di una bustina)
marmellata di arance o altra per lucidare, opzionale

Procedimento
Preriscaldate il forno a 180°C.
Tagliate le arance (buccia compresa) a fette e poi a cubetti.
In un mixer o in un frullatore potente, mettete le arance, lo zucchero e l'olio, e frullate.
Poi aggiungete le uova e frullate nuovamente.
Se il mixer è molto capiente, aggiungete direttamente lì la farina e il lievito (setacciato) altrimenti trasferite il tutto in una ciotola e continuate a mischiare con un frustino elettrico.
Versate l'impasto nella teglia (ricoperta di carta forno o unta e infarinata) e infornate per 40 minuti, avendo cura di abbassare la temperatura a 175°C dopo i primi 20 minuti.
Se comunque la superifice tendesse a scurirsi eccessivamente, vi basterà comprirla con un foglio di stagnola a cui avrete praticato un piccolo foro al centro.

Una volta cotta e sformata, ricopritela a piacere con marmellata o con semplice zucchero a velo.




Se lo rifate taggatemi e vi inserirò
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Alla prossima ricetta, Francesca



11 febbraio 2021

Migliaccio


La cosa bella di avere un blog e seguirne altrettanti da tutto il mondo è poter scoprire i piatti di città, regioni e Paesi di cui altrimenti avrei ignorato completamente l’esistenza a meno che non avessi avuto l’opportunità di andarci. Ed è una cosa bellissima perché oltre a scoprire i sapori di una terra, si scopre anche un po' della sua storia, delle sue usanze della gente che la abita. Se ci pensiamo bene, infatti, grazie ad intenret abbiamo la duffusione online di tutte le ricette di questo mondo a portata di un click. Ciò si riflette anche nelle scelte dei ristoranti negli ultimi anni: una volta dovevi andare all'etnico per provare piatti stranieri, ora invece si vedono commistioni di tradizioni e sapori di varie regioni o piatti "fusion", anche nei menù dei ristoranti di periferia. 
Prima di tutto questo, si poteva avere la fortuna di assaggiare quei piatti lontani dalla propria tradizione se preparati da qualcuno originario di altri posti rispetto alla nostra città. Per questo quei pochi piatti non toscani che ho assaggiato prima dell’avvento di internet li ricordo perfettamente: quelli che mi colpirono di più furono delle paste di pistacchio portate da un amico siciliano a mia zia e la parmigiana di melanzane fatte dalla mamma di una mia amica napoletana del liceo .

Ed è proprio di ricette napoletane che parliamo oggi. Da anni ormai vedo dei tormentoni partenopei in vari periodi dell’anno sui blog di tante ragazze campane che seguo. Uno di questi è il Migliaccio. Tipico dolce di carnevale a base di ricotta e semolino, che mi ha sempre incuriosito per la sua texture super cremosa. Prende il nome dal miglio, il cereale con cui in origine veniva preparata questa torta. Quest’anno ho deciso di sperimentare la ricetta (basandomi su quella di Simona di Tavolartegusto, sempre una garanzia) e ne sono rimasta piacevolmente colpita! È una torta davvero delicata e profumatissima, grazie alle scorze degli agrumi e alla vaniglia, e ricorda un poco il ripieno delle sfogliatelle.
Se anche voi non lo conoscete vi consiglio di provarlo almeno una volta!


Dopo i duffins (finte "frittelle" farcte di crema)
ecco un'altra proposta non fritta per la festività del Carnevale.


Ingredienti 
500 g di latte (meglio se intero e fresco)
300 g di acqua
250 g di zucchero
180 g di semolino (semola di grano duro)
250 g di ricotta fresca
3 uova
30 g di burro
2 arance bio
2 limoni bio
2 cucchiai di pasta di vaniglia o 2 bustine di vanillina
1 cucchiaino di acqua millefiori, opzionale
zucchero a velo, per guarnire

Procedimento
Mettete a scaldare in un pentolino l’acqua, il latte, il burro, 50 g dello zucchero, 1 cucchiaio di vaniglia (o 1 bustina) e la scorza di un'arancia e di un limone pelati con pelapatate.
Quando zucchero e burro si son sciolti e i liquidi prendono il bollore, versate il semolino e mescolate bene con una frusta a mano, finché non si addensa il tutto (ci vorranno due minuti).
Dopo versate la crema ottenuta in un piatto o pirofila per farla raffreddare, togliete le scorze degli agrumi passandole tra i rebbi di una forchetta per non creare sprechi di crema. Poi copritela con la pellicola.
Nel frattempo, montate le uova con il restante zucchero, un cucchiaio di vaniglia, la scorza grattugiata dell’altra arancia e del limone, fino ad ottenere un bel composto spumoso.
Aggiungete quindi la ricotta setacciata con un colino 

e mescolate bene con le fruste elettriche, fino a rendere omogeneo tutto il composto.
Quando la crema al semolino sarà ben fredda (altrimenti se calda conferisce quello sgradevole sentore di uova), potete aggiungere anche questa, mescolando ancora con le fruste fino ad amalgamare bene il tutto.  Aggiunegete anche l'acqua millefiori, se la usate.
Versate in una teglia dai 20 ai 24 cm di diametro (io ne ho usata una da 22), ricoperta sulla base da un foglio di carta forno.
Infornate a 180°C (non più alto!) per 50 minuti.
Dopo lasciate raffreddare la torta almeno due ore prima di tagliarla e gustarla (potete anche farla riposare in frigorifero se vi piace più fresca: assomiglierà a un semifreddo!).

Si conserva a temperatura ambiente o in frigo per 3 o 4 giorni.




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Alla prossima ricetta, Francesca