La garmugia è una minestra lucchese, da considerare un piatto di nicchia, perché si prepara con le primizie che hanno un tempo limitato, e perché non è così diffuso nelle tavole dei lucchesi, infatti non tutti i cittadini la conoscono. Io per esempio l’ho scoperta in alcune osterie della mia città, e se capitate da queste parti vi consiglio Il mecenate.
Inoltre, seppure a base di verdure, è stato per secoli un piatto presente soltanto nelle tavole dei nobili, in quanto è sì una minestra, ma è arricchita da carne, che i contadini non potevano permettersi.
A questo piatto non vanno aggiunte erbette aromatiche come prezzemolo o Parmigiano: ci penseranno i semplici ingredienti a dare il sapore... di primavera!
La garmugia risale al ‘600 e per quanto riguarda il nome, esso può far riferimentio al termine “germiglio” (germoglio) per via dell’uso delle verdure fresche, o più probabilmente è da far risalire all’antico vernacolo lucchese: “guarmugia” era il termine con cui si faceva riferimento alla gorgiera, un collaretto di stoffa increspato, un tempo accessorio comune per i nobili.
Quel che è certo è che la Garmugia è un piatto che non fa parte della tradizione della Toscana granducale, ed è proprio questa sua peculiarità a renderlo affascinante: un piatto di nicchia dunque, poiché solo lucchese e solo primaverile; una pietanza di diffusione elitaria, poco noto anche entro i confini della stessa provincia di Lucca, che si ritrova raramente sulle tavole delle famiglie tradizionali e ancora più sporadicamente nei ristoranti della zona.
Sebbene sia parente stretta della Vignarola laziale, piatto appannaggio dei contadini, la Garmugia è sempre stato un piatto destinato alla nobiltà fin dal ‘600, epoca in cui se ne fa risalire l’origine. La “ricchezza” di questo piatto è testimoniata dalla presenza della carne: le primizie di stagione sono infatti accompagnate da macinato di carne magra di manzo – difficilmente a disposizione dei contadini – e pancetta di maiale o prosciutto, a comporre una zuppa compatta e non troppo brodosa, in cui le verdure non devono cuocere troppo a lungo.
(Le informazioni sono satte tratte da calendariodelciboitaliano.it.)
Ingredienti
2 cipollotti
2 carciofi
100 g di fave (circa 400 g non sgusciate con i baccelli)
100 g di piselli
100 g di punte di asparagi
una fetta di pancetta alta circa mezzo cm
100 g di macinato
olio evo q. b.
sale e pepe q. b.
1 lt o poco più di brodo di carne (o acqua salata)
fette di pane toscano raffermo
Procedimento
Tagliate i cipollotti a fettine fini e la pancetta a dadini. Metteteli in una pentola con 2 cucchiai abbondanti di olio e fate soffriggere insieme al macinato.
Mondate i carciofi e divideteli in spicchi, poi metteteli in acqua acidulata con limone.
Sgusciate le fave e i piselli e pesatene 100 g di ognuno.
Lavate gli asparagi e tagliate le punte e due cm dei gambi vicini alle punte. Questi pezzetti tagliateli a ronelle.
Quindi versate tutte queste verdure nella pentola, salate e pepate leggermente e aggiungete un pochino di brodo. Fate cuocere per circa 10 minuti, stando attenti a che le verdure non attacchino al fondo.
Dopo aggiungete il resto del brodo e fate cuocere per altri 10/15 minuti a fuoco basso.
Servite la garmugia con le fette di pane abbrustolite.
Se la rifate, taggatemi nella foto.
Vi inserirò nelle Stories in evidenza sul mio profilo @lasignorinafelicita
e nell’album "Ricette rifatte da voi" sulla mia pagina Facebook.
Baci, Francesca
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